Lo diciamo?
Diciamolo (con lo stesso tono di Rosario Fiorello quando imita il deputato Ignazio La Russa). Presto (non tanto quanto le carceri di Pieve) Poggio Rusco inaugurerà il proprio teatro ed è opportuno, a mio sommesso parere, farne un poco la storia. Un concittadino conosce molto bene l’architetto Aldo Rossi. Lo invita a Poggio Rusco e passeggiando, l’urbanista suggerisce di costruire dietro alla sede del municipio un’opera plurivalente da inserirsi nel contesto architettonico preesistente del Fancelli. Chi è l’architetto Aldo Rossi?
Si laurea nel 1959 e già dal 1955 collabora alla rivista di architettura “Casabella-continuità”.
Nel 1963 inizia anche l’attività didattica: prima è assistente di Ludovico Quaroni (1963) presso la scuola di urbanistica di Arezzo, successivamente di Carlo Aymonino all’Istituto di Architettura di Venezia.
Nel 1965 è nominato professore al Politecnico di Milano e l’anno seguente, nel 1966, pubblica “L’architettura della città”, presto divenuto un classico della letteratura architettonica. La sua attività professionale, inizialmente dedicata alla teoria architettonica e a piccoli interventi edilizi compie un salto di qualità quando Carlo Aymonino gli fa realizzare parte del complesso “Monte Amiata” nel quartiere Gallaratese a Milano.
Nel 1971 vince il concorso di progettazione per l’ampliamento del cimitero San Cataldo a Modena che gli donerà la fama internazionale. “La storia dell’architettura/Architettura contemporanea”, pubblicata 5 anni più tardi da Manfredo Tafuri e Francesco Dal Co, si chiude proprio con il progetto del giovane architetto milanese.
Al Politecnico federale di Zurigo, insegnerà dal 1971 al 1975.
Nel 1979 diventa Accademico della prestigiosa Accademia nazionale di San Luca. Diventa direttore del Seminario internazionale di Santiago de Compostela, insegna in diverse università degli Stati Uniti, tra cui la Cooper Union di New York e la Cornell University di Ithaca (New York) e collabora con l’Institute for Architecture and Urban Studies, viaggia in oriente (Cina e Hong Kong) e tiene conferenze in Sud America.
Nel 1981 ottiene il primo premio al concorso internazionale per il progetto di un isolato, precisamente il n° 10, tra la Kochstrasse e la Friedrichstrasse a Berlino.
Nel 1985 vince il concorso per il restauro del Teatro Carlo Felice di Genova.
Nel 1987 vince due concorsi internazionali: uno a Parigi per la Villette l’altro a Berlino per il Deutsches Historisches Museum a Berlino.
Nel 1989 riceve l’incarico per il “Teatro de las Indias” da parte della Junta de Andalucia a Siviglia e continua le ricerche nel campo del design industriale per Unifor e Alessi. È del 1989 la caffettiera espresso “Cupola”, realizzata per Alessi, che da semplice oggetto da cucina si è trasformata in un complemento d’arredo.
Nel 1990 gli viene assegnato il Premio Pritzker, primo italiano a vincerlo e primo di una lunga serie di riconoscimenti. Vince l’Aia Honor Award e il premio città di Fukuoka grazie al progetto del complesso alberghiero “Il Palazzo”; il premio “Campione d’Italia nel mondo” e il premio “1991 Thomas Jefferson Medal in Architecture”.
NEL 1994 ESEGUE IL PROGETTO PER LA SCUOLA ALBERGHIERA ED IL TEATRO PER POGGIO RUSCO.
Nel 1996 diviene membro onorario dell’American Academy of Arts and Letters e l’anno successivo riceve il Premio speciale Cultura per il settore “Architettura e Design” della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Muore a Milano il 4 settembre 1997, a seguito di un incidente automobilistico.
Riceve postumi il premio “Torre Guinigi” per il suo contributo agli studi urbani e il Seaside Architectural Prize del Seaside Institute of Florida dove aveva realizzato una residenza unifamiliare nel 1995.
Postuma è l’aggiudicazione nel 1999 della gara (dopo aver vinto il ricorso) per la ricostruzione del Teatro La Fenice di Venezia inaugurato nel 2004.
Rossi fu uno dei più grandi rinnovatori ideologici e plastici dell’architettura contemporanea, con la sua poesia metafisica ed il culto che professò nella stessa misura verso la geometria e la memoria. Particolarità di Aldo Rossi sono i suoi schizzi preparatori. Da essi si rimane affascinati, concentrato unico di ironia e contemporaneamente di studio profondo. A questo proposito si può citare Paolo Portoghesi, che quando assegnò il progetto del Teatro del Mondo di Venezia a Rossi, vedendolo disegnare ricordò una poesia di Libero de Libero: «… dal nulla che ero, mi facesti dono d’essere uno che ti guardava…»
Tutta questa pappardella, per fare intendere chi era lo “artista” Aldo Rossi, che per l’amico poggese e l’Amministrazione Ghelli progettò, per un modesto compenso, la nuova costruzione per la scuola alberghiera ed il teatro che fu chiamata “La cittadella della cultura”. In consiglio comunale fu discussa l’esecuzione del lavoro e l’opposizione democraticamente si oppose: ma poiché in democrazia la maggioranza vince, furono raccattati i capitali ed iniziati i lavori.
Scaduta l’Amministrazione Ghelli, fu eletta l’Amministrazione Lotti che fedele all’opposizione manifestata all’epoca dell’approvazione dei lavori e per ulteriore dissenso politico, interruppe la realizzazione dell’opera. Al Sindaco non piace il progetto e giudica non idoneo il luogo dove è già iniziata l’opera, tanto che, se potesse, “demolirebbe tutto quanto”.
Sembrò che alla scuola alberghiera servisse un maggior numero d’aule e senza stravolgere il progetto originario si sarebbero potute aggiungere. L’Amministrazione Lotti invece, agendo molto trasparentemente, incaricò lo Studio Rossi (l’architetto nel frattempo era morto), e precisamente l’architetto Brandolisio, di capovolgere il progetto iniziale di Rossi per quanto riguardava il teatro annullandone la peculiare artisticità. Contemporaneamente, l’Amministrazione Lotti per sottolineare l’oculatezza delle decisioni e con grandissimo merito, diligentemente incaricò uno Studio specializzato tedesco per curare l’acustica del teatro. L’ottima e competente relazione fu reclusa in un cassetto. Per cinque anni, intanto, nonostante i soldi spesi per la ri-progettazione, tutto rimane fermo e nell’area della costruzione non terminata nascono erbacce e… ci si buca.
Con la nuova Amministrazione Rinaldoni, in mezzo a grandi difficoltà economiche si cerca di portare a termine la costruzione del teatro secondo il progetto Brandolisio, anche se qualcuno propende per il ritorno al progetto originale d’Aldo Rossi per avere un prezioso segno urbanistico distintivo nel nostro paese. Forse chi avanzava questa proposta ha receduto, tornando sui propri passi, per acuto senso di responsabilità davanti ai tantissimi soldi già spesi.
Noi poggesi, in sostanza, restiamo, cun ‘na scarpa e ‘n socül. Intanto i lavori procedono, e l’impianto elettrico, quello di riscaldamento, quello idrico-sanitario, l’arredamento, i serramenti l’imbiancatura; tutto eseguito razionalmente. Razionalmente? Vediamo.
Il teatro ha una capacità di circa 250 posti (questo limita enormemente la potenzialità economica). La sistemazione delle poltroncine deve essere riguardata innalzando tutte le file posteriori alla prima per far vedere quel che avviene sul palco. (Esempio: il “Teatro Nuovo” a Mirandola ha il pavimento in pendenza verso il palco per ovviare all’inconveniente. Noi dovremo mettere i “tacchi” alle poltrone. Immaginate la difficoltà di sedere nell’ultima fila). Durante l’esecuzione dei lavori, poi, fatti per altro benissimo, non si è tenuto conto della famosa relazione dello Studio tedesco sull’acusticità e questa con i nuovi razionali impianti è andata a farsi friggere. Per ripristinarla si dovranno rifare tutti gli stessi impianti secondo la normativa prevista dallo Studio tedesco. Altri soldi del cittadino contribuente che vanno al diavolo!
Si poteva evitare?
Sì! Si poteva evitare applicando maggiore attenzione da parte degli amministratori delegati e degli Uffici comunali preposti.
Mario Setti
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